

Con la ripresa delle attività post feriali si sono anche intensificate le manovre ed i posizionamenti in vista della elezione del sindaco metropolitano voluto dalla nuova legge che, con l’abolizione delle vecchie province, ha introdotto i liberi consorzi. Ci si sarebbe atteso che si discutesse su un’idea sostenibile di territorio da integrarsi, per esempio con dei trasporti che finalmente possano congiungerla in modo veloce, ovvero che si spiegasse in che modo si voglia promuovere il meraviglioso comparto pedemontano etneo o ancora come valorizzare la costa Jonica che, senza soluzione di continuità demaniale, potrebbe rappresentare un volano senza precedenti per la crescita occupazionale etnea. Ed invece no, senza interpellare la gente e soprattutto senza interpretarne i bisogni si vorrebbe unire alla nostra vecchia provincia le città di Gela e di Niscemi, nonché di Piazza Armerina. Enzo Bianco, che aspira a diventare sindaco metropolitano, non spiega il perché di una scelta di questo tipo tanto incoraggiata ed anzi promossa da lui, e si limita ad affermare che così avremmo più territorio e più popolazione di Bologna. E che primato sarebbe? E’ forse una corsa a chi ha più territorio o piuttosto non occorrerebbe occuparsi di rendere più ricco il proprio territorio? A noi, per la verità, la prospettiva di avere in più Gela e Niscemi (il discorso è diverso per Piazza Armerina) sembra una iattura. Sembra più che un tale disegno possa corrispondere agli interessi del candidato Bianco che in quel caso, nella corsa per la presidenza della Regione alla quale egli già si sente candidato, pensa di poter amministrare un territorio assai più vasto e popoloso con un bacino elettorale enorme. Sia chiaro che in questa nostra posizione non c’è alcun campanilismo, posto che i gelesi come i niscemesi sono cittadini con una grande tradizione culturale e con una condivisione della sofferenza e del disagio comune a tutti i siciliani. Il punto è un altro! E cioè, il più comune buonsenso saprebbe indicarci che mettere assieme i fattori di rischio di una comunità significherebbe accrescerli a dismisura, consentendo alle ragioni del disagio di fare rete, ma una rete in negativo. Gela e Niscemi vantano, al pari e di più rispetto a Catania, un tasso di infiltrazione della criminalità mafiosa altissimo. Gela e Niscemi fanno registrare un tasso di disoccupazione generale e giovanile addirittura più grave di quello della nostra attuale provincia. Gela ha problemi di inquinamento ben più rilevanti della più vicina Priolo. Gela e Niscemi hanno un tasso di mortalità delle piccole imprese tra i più alti in Italia. A cosa serve dunque questo metterci insieme se non a diventare tutti più poveri? Non ne ha bisogno Catania, e meno che meno Gela o Niscemi. Accadrebbe un po’ ciò che è successo a Catania quando 50 anni orsono cominciarono deportare i catanesi dal centro storico a Librino, cosicché oggi Catania sembra essere diventata un quartiere della invivibile Librino. Ed invivibile colposamente, poiché proprio lì si sono concentrati i disagi e le sofferenze di una popolazione che invece altrove, ed intelligentemente, hanno saputo distribuire orizzontalmente e non ghettizzata in palazzoni di cemento alti 15 piani. Allo stesso modo, aggiungere Gela e Niscemi a Catania vorrebbe dirne farne la prima provincia, libero consorzio, italiana per primati negativi, avanti a Napoli, avanti a Palermo, avanti a Caserta. E’ questo il progetto dissennato di Bianco? Sol per racimolare qualche voto in più? Troviamo sciagurato questo modo di procedere, questo decidere senza preoccuparsi del destino della società che si governa, passando sulla testa di tutti. Sarebbe sicuramente il caso che si avviasse un dibattito serio sul programma di chi si candida a sindaco della città metropolitana senza che si pensi che una elezione così importante, poiché affidata ai sindaci e ai consiglieri comunali, possa bypassare i cittadini. Per quel che ci riguarda, e per le ragioni che abbiamo illustrato, esprimiamo il nostro grido di assoluta contrarietà ed invitiamo i cittadini a costituire dei comitati del NO affinché il tessuto della nostra nuova provincia non subisca un danno irreparabile, e così non lo subiscano Gela e Niscemi. Come mai Bianco non ha pensato a chiedere l’adesione alla ridente Taormina piuttosto che alla bella Modica o alla barocca Noto? Ed infine, dove è scritto che Bianco debba diventare il sindaco della città metropolitana? Un’altra fuga, dopo quella famigerata a Roma nel 2000? Non sarebbe utile, ed anzi più generoso, ricambiare Catania, che lo ha rivotato appena due anni addietro, dedicandole tutto il tempo della giornata per tutta la settimana? Scaldano pare, intanto, i muscoli anche altri nomi autorevoli; uno su tutti Giovanni Barbagallo, esponente stimato e popolare del mondo cattolico e rappresentante del Partito democratico.

