Gli incontenibili sogni culturali del sindaco metropolitano Enzo Bianco e dell’assessore Orazio Licandro, paragonabili per magnificenza ad un vero e proprio delirium tremes ed ovviamente rimasti perlopiù (come detto nel precedente intervento) evanescente materia di miraggi ad usum propaganda elettorale - assurgono la città di Catania a crocevia culturale del Mediterraneo, promuovendola (nell’abbagliante sogno di una notte di mezza estate) come sede ideale di Festival internazionali, di diffusore mondiale di cultura, di costanti iniziative volte allo spargimento a spaglio del sapere Il triplo salto mortale con triplo avvitamento partorito dalla mente sagace e illuminata di Licandro e da ascosi collaboratori del munifico “Assessorato ai Saperi e alla Bellezza condivisa”, ha generato al punto indicato in programma come b.1. nientemeno che un Festival internazionale di arte e scienza, manco fossimo la capitale culturale d’Europa, con tempi di realizzazione di 6/8 mesi (di quale secolo non è specificato) e un investimento di 120.000 euro (da dove attingere resta un mistero) e il solito coinvolgimento delle massime istituzioni pubbliche e dei privati. La misteriosa locuzione attende ancora d’esser decrittata, essendo tale rimasta in tutti questi anni nel secretaire privato del potere esecutivo assessoriale e sindacale. Al punto b.2. del romanzo gotico culturale del Comune di Catania trovasi inseminato, ovvero desolato, un più modesto Festival (soltanto nazionale) di Letteratura e corti cinematografici, poiché di questi - come si sa - la nazione è provvista fino alla nausea (basta consultare internet per scoprire che anche i più sperduti borghi del paese da anni ne programmano con opere provenienti dal mondo intero) ergo, perché non concepirne uno anche a Catania, che a questa roba, si sa, da sempre è morta e sotterrata? Il redivivo Lazzaro festivaliero, dunque, sarebbe dovuto risorgere anche nella metropolitana città di Bianco e Licandro (che di cinema da sempre sono digiuni) con un investimento previsto di 40.000 euro (capperi! una vera manna!). Del miracolo cine-letterario i catanesi sono ancora in messianica attesa, avendo perlopiù il Sapere e la Bellezza di Licandro prodotto qualche sparuto incontro letterario (leggi semplice presentazione di libri) e miserevoli proiezioni di corti, spacciati con reboante epiteto come Festival, raccattati tra minuscole produzioni locali o provenienti (riciclati) dalle ormai centinaia di manifestazioni sparse dall’Alpi alle Piramidi e dal Manzanarre al Reno. Ed eccoci alfin giunti alla diffusione della Cultura attraverso la politica degli scambi (perbacco, baccone!), altro immemore gioiello fasullo dell’attuale amministrazione. In a.1. (si torna a sillabare dalla prima lettera, ricordate?), come dal magico cilindro d’un mago-imbonitore, spunta l’impegno a stipulare in 5 anni almeno quattro protocolli di scambi economici e culturali. Costo: appena 20.000 euro (probabilmente per viaggi, vitto e alloggio, rimasti anch’essi nei sogni sesquipedali di Licandro). E non è finita. In a.2, sempre nei soliti 5 anni del tempo che fu, si discetta della stipula di almeno 4 gemellaggi con città euromediteranee (anch’essi al costo di liquidazione di soli 20.000 euro). Non si conoscono i nomi delle città euro mediterranee prescelte ne mai si conosceranno, visto che tutto fa parte di quel magico librone dell’isola che non c’è rimasto sottochiave negli ambulacri del Palazzo della Cultura. Dopo tanta (inutile) fatica il punto a.3 è rimasto vuoto. Sul ripristino di nuovi capitoli di spesa ed altre risorse nulla si sa, nulla si conosce. Ai posteri l’ardua sentenza. Tuttavia negli agitati pensatoi di Palazzo degli Elefanti, menti eccelse fervono di nuovo ardore per donare alla nostra città, croce - pardon - crocevia culturale del Mediterraneo, un radioso avvenire ancor condotto dall’insostituibile guida dell’inossidabile Bianco, sempre se gli elettori di Catania ne avranno apprezzato i sogni rimasti nel cassetto, tra cui fa spicco la meravigliosa fontana mai finita del Tondo Gioeni, simbolo dello spreco di una città allo sbando… e già non sai nè pensi/quanta piaga m’apristi in mezzo al petto (fine…speriamo).