Questa settimana, con grande soddisfazione, abbiamo appreso che l’Italia, finalmente, ha un Ministro degli Esteri.
Si chiama Sergio Mattarella, il quale si è subito dimostrato all’altezza del suo non facile compito.
Evidentemente si tratta di un interim, assunto dal Capo dello Stato, per colmare un vuoto, che il Paese non poteva più permettersi.
Ma a noi va bene così.
Anzi, se il Presidente della Repubblica volesse anche ricoprire l’interim della Presidenza del Consiglio, sarebbe ancora meglio.
Forse torneremmo ad avere una linea politica autonoma dalle ingerenze straniere, secondo gli insuperabili modelli forniti dalla nostra storia repubblicana, alla cui scuola un altro Mattarella, Piersanti, era cresciuto.
La lieta notizia risale allo scorso 27 aprile, quando il Presidente Mattarella ha tenuto all’Assemblea Parlamentare del Consiglio d’Europa, uno dei suoi discorsi più belli.
Con buona pace di qualche intellettuale, assiduo frequentatore dei salotti televisivi, che vorrebbe attribuirgli un esplicito imprimatur sulla decisione di inviare armi ad oltranza in Ucraina, il neo Ministro degli Esteri italiano ha invece esortato l’assemblea a riprendere, prima possibile, i negoziati e a restituire alla trattativa il primato sulla guerra.
"Alla comunità internazionale, - ha detto Mattarella - tocca un compito: ottenere il cessate il fuoco e ripartire con la costruzione di un quadro internazionale rispettoso e condiviso che conduca alla pace […] la via di uscita appare, senza tema di smentita, soltanto quella della cooperazione e del ricorso alle istituzioni multilaterali […] La guerra è un mostro vorace, mai sazio […] La devastazione apportata alle regole della comunità internazionale potrebbe propagare i suoi effetti se non si riuscisse a fermare subito questa deriva […] Dobbiamo saper opporre a tutto questo la decisa volontà della pace. Diversamente ne saremo travolti.
Distensione: per interrompere le ostilità.
Ripudio della guerra: per tornare allo statu quo ante.
Coesistenza pacifica, tra i popoli e tra gli Stati.
Prospettare una sede internazionale che rinnovi radici alla pace, che restituisca dignità a un quadro di sicurezza e di cooperazione, sull’esempio di quella Conferenza di Helsinki che portò, nel 1975, a un Atto finale foriero di sviluppi positivi.
E di cui fu figlia l’Organizzazione per la sicurezza e la cooperazione in Europa […] La sicurezza, la pace – è la grande lezione emersa dal secondo dopoguerra – non può essere affidata a rapporti bilaterali – Mosca versus Kiiv – Tanto più se questo avviene tra diseguali, tra Stati grandi e Stati più piccoli […] Garantire la sicurezza e la pace è responsabilità dell’intera comunità internazionale.
Questa, tutta intera, può e deve essere la garante di una nuova pace […] Come ci ricordava Robert Schuman, “la pace non potrà essere salvaguardata se non con sforzi creativi, proporzionali ai pericoli che la minacciano.”
Ovviamente Mattarella non ha omesso di sottolineare le responsabilità della Federazione Russa e la necessità di reagire ad esse con fermezza, perché “non si può arretrare dalla trincea della difesa dei diritti umani e dei popoli”, ma ha anche aggiunto che “se perseguiamo obiettivi comuni, per vincere non è più necessario che qualcun altro debba perdere.
Vinciamo tutti insieme”.
Il problema è, invece, che gli eventi ci stanno trascinando verso una situazione nella quale rischiamo di perdere tutti insieme.
Quanto da noi paventato settimane fa, che cioè alcune potenze occidentali potessero strumentalizzare gli Ucraini, per condurre una guerra propria, con fini molto diversi dalla difesa del più debole, si sta purtroppo verificando.
A questo gioco sporco, il resto del mondo non vuole stare!
E gli esecutivi non possono prendersi delle responsabilità, le cui conseguenze sarebbero irreversibili, soprattutto se non sono scaturiti dalla volontà degli elettori.
Speriamo che la diplomazia italiana, che finalmente ha trovato un titolare degno del momento delicato che stiamo vivendo, imprima una virata alle strategie in atto e che si torni a parlare anziché sparare.