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“Il teatro certamente", i dialoghi di Giuseppe Dipasquale con il Maestro Andrea Camilleri

28-02-2024 05:30

Giada Pagliari e Christian Costantino

Cronaca, Cultura&Spettacolo, Focus, teatro, giuseppe dipasquale, Andrea Camilleri, Sellerio,

“Il teatro certamente", i dialoghi di Giuseppe Dipasquale con il Maestro Andrea Camilleri

“Il teatro certamente” è un libro di e su Andrea Camilleri, un viaggio intrapreso con il suo allievo e amico Giuseppe Dipasquale,

Giuseppe Dipasquale, ormai da tempo regista e drammaturgo più che affermato, è stato allievo prediletto di Andrea Camilleri e sul rapporto col grande Maestro ha costruito qualcosa che è molto di più di un rapporto professionale ed affettivo.  

 

 

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È stato l'argomento che ha fatto da sfondo alla chiacchierata condotta dal giornalista-avvocato Marco Pitrella  offerta dalla libreria Feltrinelli di Catania che ha ospitato una partecipata presentazione del libro edito da Sellerio con cui Giuseppe Dipasquale racconta il suo rapporto con Andrea Camilleri

 

Un libro importante e non consueto, un viaggio nella memoria che è anche la rappresentazione di un modo di essere, di interpretare se stessi ed il proprio modo di stare al mondo: con leggerezza.  

Il loro primo incontro, tra Dipasquale e Camilleri, ha luogo in una data precisa, durante il provino presso  l'Accademia nazionale d'arte drammatica "Silvio d'Amico"nel 1985: partiamo proprio da questo incontro. 

 

«Feci l'esame di accademia nell' 85 , mi trovai di fronte a una commissione di professionisti, c'erano Aldo Trinfo, Paolo Terni e altri. In questa commissione non c'era seduto Camilleri, era da un'altra parte, dopo un'ora e mezzo di esame mi congedarono, proprio in quel momento dal fondo della sala sento una voce: "un momento voglio fare una domanda al candidato", era proprio Camilleri, rimasto in fondo in silenzio a godersi l'esame di questo ingenuo saputello e mi dice: "lei ha parlato del libro di linguistica generale di Saussure, cosa dice nella nota 242 dell'appendice", per mia fortuna mi ricordai qualcosa. Più avanti negli anni gli dissi: "ti ricordi di questa domanda carogna?", lui mi rispose: "sì, le faccio sempre queste domande per vedere come ve la potreste cavare, se tu mi avessi detto che questa nota non c'era nel libro, andava comunque bene”. Camilleri aiutava gli allievi a individuare il proprio percorso, era un vero e proprio “maestro”».

 

Dipasquale ci racconta come si svolgevano le lezioni di regia, in maniera del tutto singolare. 

Erano tre allievi selezionati su ottanta, le lezioni cominciavano alle 8.30 del mattino e lui arrivava alle 9.30 -10.00 e appena ci incontrava diceva "andiamo al bar" e iniziava a raccontare i suoi sogni. 

Da lì partivano i suoi racconti, i suoi insegnamenti.

 

«Ho capito dopo l'importanza di queste lezioni, noi registi siamo esattamente coloro i quali raccontano al pubblico un sogno, una storia inventata, non nostra. Andrea aveva una grande capacità di elaborare un mondo meraviglioso». 

 

“Il teatro certamente” nasce grazie ad Antonio Sellerio, a cui Giuseppe Dipasquale propose il progetto qualche anno fa durante il covid.  

Negli anni, il suo rapporto con Camilleri inizia ad essere più assiduo, Dipasquale racconta di sentirsi ancora un suo allievo e che come una sorta di premonizione chiese ad Andrea di registrare le loro conversazioni “andavo lì per stare con lui, avevo accesso libero alla sua casa e non era così facile, era molto schivo”. 

 

«Prima della sua notorietà, Camilleri era snobbato, in particolar modo la sinistra ha avuto sempre un certo atteggiamento snob per autori sinceri come era Camilleri. Quando venne riconosciuto e apprezzato, non divenne rancoroso, semplicemente quando cominciarono a presentarsi persone che si professavano, per convenienza, "grandi amici", lui fece una cosa molto semplice: mise una segreteria telefonica in cui si sentivano tali parole: "lasciate pure un messaggio". Noi amici avevamo, invece, un accesso libero, potevamo  andare da lui, suonare e stare in casa a parlare per ore. Il senso di questo libro è il risultato di una raccolta di dialoghi reali, non c'è una ricostruzione mnemonica, è esattamente lo sbobinamento delle conversazioni che abbiamo fatto. Un dialogo tra un allievo ed un maestro».

 

L’allievo e amico con il suo maestro e confidente ebbero inoltre una lunga e proficua collaborazione professionale,  hanno scritto per il teatro diverse opere fra cui  “La concessione del telefono”, Troppu trafficu ppi nenti” da Shakespeare, “La signora Leuca” e “Il birraio di Preston”.

 

«A proposito de "Il birraio di Preston",  il protagonista è un bambino, o almeno possiamo dire che  la vicenda si apre dagli occhi di questo bambino che scopre un incendio e sveglia il padre alle 4 del mattino dicendogli "è arrivata l'alba guarda", lo porta alla finestra e il padre si rende conto che c'è un incendio e si è bruciato il teatro». 

 

Dipasquale definisce quella di Camilleri "poetica dello stupore": guardare i fatti reali con un occhio ingenuo, un continuo stupore tra le cose, ciò che affascina di più delle sue straordinarie narrazioni. Tutto questo è determinato dalla sua capacità innata di stupirsi di se stesso.

 

Un’altra opera che racconta Dipasquale è “ Troppu trafficu ppi nenti”,  che nasce dalla lettura casuale di una notizia su Shakespeare, da cui nasce qualcosa, un colpo di genio. 

«Avevo appena letto che un tale professor Martino Juvara di Messina sosteneva con tesi dettagliate che William shakespeare in realtà era un tale Michelangelo Florio scappato da Palermo e, attraversando l’Italia, era finito in Inghilterra da suoi cugini iniziando così la sua carriera di drammaturgo. Dissi ad Andrea “senti c'è questa notizia perché non facciamo uno scherzo e prendiamo “molto rumore per nulla” e lo traduciamo in "troppu trafficu ppi nenti", usando una lingua ben precisa, prendendo i vocabolari del 500. Camilleri apprezzò la trovata ridendo di gusto incoraggiandomi a cominciare a scrivere. Iniziai a fare un'opera di traduzione del testo, debuttammo nel settembre del 2000. Qualche collega, in buona fede, credette che fosse davvero scritta dall'autore inglese e disse "ritrovato un testo che è l'archetipo di troppo rumore per nulla di Shakespeare ". La cosa bizzarra è che oggi molti dei più importanti studiosi di Shakespeare iniziano ad accreditare la tesi che in realtà si trattasse di un guantaio in realtà prestanome di un uomo geniale che viene identificato in tale John Florio, al quale si vorrebbero attribuire tutti i capolavori shakespeariani».

 

Camilleri era anche un autore “comico” nel senso proprio del teatrale "comédien", e lo è nella prospettiva del riso, la sua visione è una visione di gioia, una visione positiva dell'antropologia siciliana. 

 

“Sappiamo chi siamo e siamo votati alla quasi autodistruzione, con insito nella nostra contraddizione il gene del bene e del male che coesistono e non sono così separabili, tutto questo non può essere raccontato, nella visione di Camilleri, con il pianto continuo, anche perché probabilmente il pianto in sè ogni siciliano se lo fa da solo.”

 

Il pianto, la disperazione, la rassegnazione possono essere strumenti di elaborazione di questo lutto, come in Vittorini e Sciascia per citarne due tra i massimi esponenti della letteratura del novecento siciliano, mentre Camilleri, in qualche modo più vicino a Brancati, tratta anche di temi drammatici, come anche di mafia, il dramma per eccellenza della sicilianità contemporanea, ma riuscendo a trattarli in maniera ironica, persino comica, senza mai svilirsi nella farsa, ma creando un vero e proprio genere nuovo, definibile con il neologismo di “ironicomico”,  arrivando così a raccontare e castigare costumi e derive più di quanto possa fare una narrazione tragica.

 

“La libertà di osare e andare oltre”:  Camilleri è stato un grande autore che consegnava le sue opere a chi le interpretava, spogliandosene della proproetà, senza alcuna gelosia, come diceva Pirandello "l'opera dello scrittore finisce nel momento in cui mette la parola fine all'opera, dopo sulla scena c'è l'interprete". 

 

A proposito dell’arte e del teatro, qual è la concezione della creatività oggi?«Siamo molto creativi e apparentemente molto liberi, sembra un mondo che è andato verso un'idea di creatività, io purtroppo credo che viviamo in un mondo in cui il conformismo è diventato la matrice esistenziale che ci trascina, conformismo pericolosamente tossico per la creatività perché porta ad acquisire idee di altri e non personali. È una società distopica, noi però siamo dentro questo meccanismo storico sociale, non sempre ce ne rendiamo conto. Se per creatività intendiamo quella di Alda Merini, è decisamente sepolta. Camilleri mi ha lasciato la sua visione semplice delle cose del mondo. Finché c'è un uomo che vuole raccontare una storia di fronte a un focolaio ci sarà teatro». 

 

“Il teatro certamente” è quindi un libro di conversazioni,  gli interlocutori discutono su quella che Camilleri chiama «dicibilità teatrale»: su come «trasformare le cose scritte in cose dette»; sulla teatralizzazione o trasposizione teatrale, in sostanza, di testi narrativi dello stesso Camilleri o di Pirandello.

 

Dipasquale legge le opere di Camilleri e Camilleri legge se stesso. 

Le letture a volte divergono, ma Camilleri lascia sempre libertà di giudizio. 

Il maestro scava nei ricordi. 

 

Un libro che può essere certamente letto come uno scorcio biografico di un grande autore, ma anche e soprattutto come il dialogo continuo tra Maestro ed Allievo, come archetipo di un percorso di vita che non si interrompe con la scomparsa, ma resta immanente e creativo in chi ne prosegue l'opera ed in quelle che continueranno ad essere rappresentate anche quando non ci sarà più chi ne ha conosciuto gli autori: la magia del Teatro.  

(Testo e intervista Giada Pagliari, riprese Christian Costantino)

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