Un bilancio dell’anno appena trascorso
Mentre ci apprestiamo a salutare l’anno vecchio e ad accogliere quello nuovo, la riflessione su quanto accaduto nell’ultimo anno è inevitabile.
Italia e Sicilia, terre di straordinaria bellezza e ineguagliabile cultura, si trovano ancora una volta a fare i conti con una classe politica e dirigente in senso lato che, per usare un eufemismo, lascia molto a desiderare.
La crisi delle istituzioni
Viviamo in un momento storico in cui il Parlamento, che dovrebbe essere il cuore pulsante della democrazia, è diventato poco più di una dependance di governi, non solo l'attuale, che sembrano decisi a smantellare i pilastri del nostro vivere civile.
La legge di Bilancio, l'atto più importante, non gliel'hanno fatta neanche discutere ed il Senato costretto a ratificare quanto imposto alla Camera con un voto di fiducia: aberrante e indegno.
L'intero sistema delle rappresentanze, non solo politiche ma anche delle organizzazioni datoriali, sindacali, degli ordini professionali e persino clericali, è diventato preda di carrierismi con protagonisti parvenu spesso senza arte né parte, che in quanto tali non hanno pudore e neanche vergogna, oltre che senso elementare dello Stato e rispetto minimo dell'interesse generale.
Non è una crisi solo italiana, anche se noi come al solito esageriamo.
L'intero sistema dei valori occidentali sta soccombendo, paradossalmente, alla propria bramosia di dominanza, di arricchimento in danno del resto del mondo, provocando sperequazioni criminali, da un lato bambini obesi ingozzati di merendine e rimbecilliti da social e videogame, dall'altro quelli che muoiono di fame, sete o bombardati anche il giorno di Natale.
Una crisi di leadership mondiale che vede al governo dei paesi più avanzati del pianeta personaggi degni delle parodie del Monty Python.
In Italia, esageriamo tra fumetti urlanti e macchiette deliranti.
Tutti i settori fondamentali per il progresso di una nazione vengono trattati come voci di bilancio sacrificabili, tagliati senza remore da una classe dirigente composta per lo più da parvenu privi di competenza e visione.
Scuola, Università e Cultura dimenticate
La scuola come le università, che dovrebbero formare i cittadini del domani, ridotte a una macchina burocratica inceppata, dove i docenti vengono lasciati soli a fronteggiare carenze di risorse e strutture fatiscenti, con continui tagli di fondi totalmente irresponsabili.
I giovani, quella meraviglia dei nostri ragazzi, dei nostri figli, dei nostri nipoti, sono letteralmente scomparsi dalle agende politiche, come non esistessero, come non fossero il nostro stesso futuro, come non fossero ciò che di più prezioso abbiamo, quelli che, direbbe Shakespeare, rendono scusabile che si invecchi.
Nelle cronache se ne parla solo quando si rendono protagonisti di orrori, mentre sono solo “malati di nostalgia” come cantava quel poeta di Renato Zero.
La cultura, autentico motore della nostra identità, è relegata al ruolo di comparsa, come se l’anima di un popolo potesse essere sacrificata sull’altare di bilanci politici miopi.
La sanità pubblica al collasso
E poi c'è la sanità pubblica, un tempo fiore all’occhiello del nostro Paese, con la sua universalità invidiataci in tutto il mondo, oggi ridotta allo stremo da anni di tagli e inefficienze.
Ospedali che chiudono, liste d’attesa interminabili, medici e infermieri costretti a lavorare in condizioni indegne.
Tutto questo mentre chi avrebbe il dovere di porvi rimedio è troppo impegnato a difendere poltrone o a inscenare teatrini mediatici privi di contenuto.
Il Lavoro senza dignità
Sono dati schizofrenici e probabilmente mistificati quelli su un'occupazione che viene dichiarata in crescita, in netta contraddizione con un PIL fermo da anni, salari che arretrano rispetto all'inflazione e povertà che cresce in maniera esponenziale: qualcosa non quadra.
Un sistema bacato, con manager pubblici e privati spesso fallimentari con stipendi e benefit che sommano quelli di centinaia di dipendenti delle loro aziende: me è sostenibile ancora per molto?
Si è mai visto nella storia che più lavori e meno riesci a stare sereno, più lavori e meno ti puoi permettere?
Possibile che all'orizzonte non si riesca ad intravedere neanche mezzo Adriano Olivetti nel privato o un quarto di Enrico Mattei nel pubblico?
La guerra alla magistratura ed alla Libera Stampa
L'oltraggio quotidiano all'ordine giudiziario ed alla libertà di stampa ha raggiunto livelli mai sperimentati dall'avvento della Repubblica e dello Stato democratico di diritto.
I poteri di una società, in una democrazia sana, sono fisiologicamente in competizione tra di loro ed è l'equilibrio dei contrappesi che rende questa competizione volàno di crescita comune.
Quando invece tutto si riduce al tentativo di sopraffazione, alla ricerca di intollerabile pretesa di impunità e mantenimento di insostenibili privilegi, allora salta tutto ed il pericolo di ritrovarsi in grette democrature diventa imminente.
E non è questione di destra o sinistra, entrambi gli schieramenti intendono il governo come comando, la rappresentanza come occupazione.
È sbagliato liquidare antifascismo ed anticomunismo come fossero residuati storici: al contrario, restano pericoli immanenti ed insuperabili, che si manifestano, al di là di qualsivoglia denominazione, ogni qualvolta la diversità viene intesa come nemica e sol per questo soffocata con più o meno violenza.
I diritti non sono mai per sempre, bisogna stare all'erta: è un'istante a perderli e poi è sempre più difficile riconquistarli.
Come la fame di potere di chi lo conquista più o meno rocambolescamente: abituati a privilegi inattesi ed immeritati, faranno di tutto per mantenerli.
Ma è anche vero che “chi troppo in alto sale, sovente precipitevolissimevolmente…cade”.
Stabilità e governabilità, poi, i nuovi feticci di una politicanza che cerca strumenti per mantenere se stessa e si inventa riforme elettorali e istituzionali che hanno il solo scopo di impedire l'affermazione della volontà popolare, che non a caso alle urne neanche ci va più: ormai l'80% del paese è dichiaratamente contro questo sistema (il 50% non vota ed il 30% sceglie chi si dichiara diverso per poi rivelarsi peggio degli altri!).
Quindi, stabilità e governabilità, per come li intendono loro, sono termini assolutamente relativi: se si garantisce la stabilità di governi che fanno schifo non è un bel servizio al Paese!
Rileggere Piero Gobetti sul valore dei sistemi elettorali proporzionali potrebbe giovare.
Ma c'è spazio per l'ottimismo? Certo che si!
La nostra terra, le nostre comunità vogliamo vederle risplendere, in tutta la loro solarità, con tutte le loro, nostre potenzialità.
Non sarà facile strapparle, strapparci a questa sciatteria dilagante, a questa decadenza di valori e poteri che sembra ineluttabile, quel sentimento di disfatta generale che già alla fine dell'800 De Santis individuava come l'ultima degradazione di un popolo corrotto.
Sarà una guerra, ma la si dovrà combattere con tenacia e coraggio, senza la supponenza di sentirsi sempre nel giusto, ma con la certezza che non combatterla porterà ferite più dolorose, per dirla con Pessoa, e comporterà l'onta della complicità, la vigliaccheria dell'indifferenza.
La resilienza di un popolo
Eppure, nonostante tutto, c’è qualcosa che questi cialtroni non potranno mai cancellare: la forza e la resilienza di un popolo che ha saputo resistere a invasioni, terremoti, pandemie e crisi di ogni tipo.
L’Italia e la Sicilia sono abituate a soffrire, è vero, ma anche a rialzarsi, più forti di prima.
Adesso è il momento di un'alleanza tra forze sane del paese, quelle che non hanno smesso di fare il proprio dovere, che non si piegano alle lusinghe o alle intimidazioni di un potere che non serve a niente se non ad arricchire chi se ne impossessa, di chi usa il denaro pubblico per comprarsi impunità con consulenze e contributi, intimidire chi non ci sta con querele e dossieraggi.
C'è tanta gente perbene che non conta niente perché accetta di rimanere isolata, non riesce a fare rete, non esce più neanche da casa: male.
Bisogna ritrovare spazi in cui confrontarsi ed organizzare una vera e propria resistenza, per restituire dignità alla rappresentanza e valore alla Cosa Pubblica, che deve tornare al servizio di tutti, soprattutto di chi ha bisogno di maggior sostegno per trovare il proprio posto in una società che deve riconoscere di avere bisogno di tutti i suoi componenti.
Un augurio di rinascita
Ciò che ci auguriamo per questo nuovo anno non è solo un cambio di rotta, ma una rinascita che parta dal basso, da chi ogni giorno lotta per migliorare questa terra.
Sarà difficile, sarà lungo, ma è possibile.
Perché se c’è una cosa che la storia ci ha insegnato, è che noi italiani, e in particolare noi siciliani, sappiamo resistere anche ai peggiori malgoverni.
Quindi, auguri Italia e auguri Sicilia.
Sopravviverete, sopravviveremo anche a questa ennesima prova.
E quando questi cialtroni saranno un ricordo sbiadito, noi saremo ancora qui, a ricostruire, a sognare, a vivere. Perché questa è la nostra natura: indistruttibili, nonostante tutto.