Angelo Capuano Alla presentazione dell'ultima fatica letteraria di Pino Firrarello “Un contadino al Senato”, c'era tutta la Masseria al completo, avvistati in ordine sparso: il molto onorevole Limoli, Giuseppe Castiglione, Vincenzo Gibiino, Nino D'Asero. Accanto al massaro Pino siede il candidato Rettore Enrico Iachello che conferisce dignità “accademica” alla discussione. In sala erano presenti anche diversi docenti dell'Ateneo catanese riconducibili all'area del Rettore uscente Tony Recca.
Gino Saitta e Lina Scalisi ci propongono commossi ritratti del bucolico Senatore che a “soli nove anni fece la scelta del lavoro”, una scelta consapevole non frutto di autocommiserazione, ma di una necessità che divenne virtù politica. Pino Firrarello descritto come un neofita, che da San Cono mosse in quel di Bronte, terra politica promessa. Enrico Iachello dipinge Firrarello come il self-made man ante litteram, “baluardo contro la corruzione” che a un certo punto “lascia il lavoro per andare a fare politica”, ma non ha nessuna strategia, non c'è nessuna partita a scacchi da giocare e da vincere, ma ne ricava relazioni che lo porteranno “all'ingenuo approdo al Senato”.
Una storia politica – quella del Senatore – che passa dai continui conflitti di partito all'incontro-scontro con i comunisti locali. Ricordi dei tempi che furono, quando la classe politica post bellica fece di tutto per evitare alle nuove generazioni le privazioni e le sofferenze che aveva subito, anche a costo di dover iniziare una corsa al debito pubblico che difficilmente sarà arrestata, Come dire “vi abbiamo lasciato il debito pubblico perché vi vogliamo troppo bene”. Il libro di Firrarello, come ha sottolineato Iachello, non è un libro di teoria politica, bensì testimonianza “antropologica”, che lascia la speranza di cambiamento nelle mani di una classe politica che ancora non c'è. Angelo Capuano