Lo sconvolgente racconto al processo “Iblis” del pentito. I particolari della morte del boss Angelo Santapaola, cugino di Nitto, e del suo guardia spalle Nicola Sedici
Catania – Santo La Causa, l’ultimo dei pentiti eccellenti di Cosa Nostra, entra con la sua sconvolgente versione nel processo “Iblis” per il duplice omicidio di Angelo Santapaola e Nicola Sedici. Sulle verità che si celano dietro l’uccisione dei due uomini è in corso un processo che vede tra gli imputati Vincenzo Aiello, attualmente detenuto e ritenuto il responsabile provinciale della famiglia Santapaola, e Salvatore Di Bernardo , titolare di un autolavaggio a Palagonia in Provincia di Catania. L’accusa, sostenuta dai Pubblici Ministeri Antonino Fanara e Agata Santonocito, ha ritenuto di fondamentale importante l’audizione proprio di Santo La Causa, ex reggente operativo della famiglia Santapaola, arrestato durante un summit di mafia nelle campagne di Belpasso (CT) l’8 ottobre del 2009, quando il suo nome compariva nella lista dei trenta latitanti più pericolosi d’Italia. Dal 28 aprile del 2012, La Causa è entrato nella lista dei collaboratori di giustizia. Proprio La Causa era tra gli imputati dell’omicidio, per poi essere prosciolto dall’accusa in sede di udienza preliminare. La sua è ritenuta una testimonianza fondamentale. I corpi di Angelo Santapaola, cugino dello storico boss Nitto, e del suo guardia spalle Nicola Sedici, vennero trovati il 26 settembre 2007 carbonizzati, all’interno di un casolare diroccato in Contrada Monaco a pochi chilometri da Ramacca (CT) (nella foto).
Santo La Causa, racconta i mesi precedenti al duplice omicidio muovendo delle accuse precise e ricostruendo nei dettagli quella che era l’organizzazione della famiglia mafiosa nel periodo compreso tra il 2006 (nel mese di agosto veniva scarcerato proprio La Causa) e la data dell’omicidio. Secondo il collaboratore, Enzo Santapaola (ndr. figlio di Nitto) era il vero capo della famiglia. La sua era però una posizione nascosta poiché “temeva problemi giudiziari e quindi agiva dietro le quinte”. Sul campo un ruolo sempre più importante era quello proprio di Angelo Santapaola (ndr. cugino di Nitto). La sua però era una condotta che La Causa ha definito al di fuori delle regole di Cosa Nostra “teneva tutti i proventi delle estorsioni per se stesso senza inserirli nella bacinella (ndr. cassa comune della famiglia) ed era una testa pazza”. Per placare l’irruenza del cugino di Nitto, Enzo Santapaola, avrebbe richiamato dalla Toscana Enzo Aiello. Un tentativo, stando al racconto del collaboratore, che si rivelò vano: “provammo a suddividere i compiti, mettendo Angelo Santapaola su Catania e Aiello responsabile dei paesi, in un primo momento riuscimmo poi disse di no (ndr. Angelo Santapaola) perché disse che i soldi erano nei paesi”. La riunione: La decisione di uccidere Angelo Santapaola, racconta La Causa, sarebbe stata presa durante una riunione in cui parteciparono Pippo Ercolano, Antonio Motta, Enzo Santapaola (ndr. figlio di Nitto) e lo stesso La Causa: “Angelo Santapaola doveva morire già prima, ma per il cognome che portava non si poteva procedere, ci volle il parere di Aldo Ercolano fatto arrivare tramite il padre Pippo. A morire doveva essere anche Enzo Aiello e il fratello Alfio”. Nell’immediato, stando alle dichiarazioni del pentito, i rapporti all’interno della famiglia peggiorarono a causa di alcuni incontri che proprio Angelo Santapaola fece senza informare “la famiglia” con Sandro e Salvatore Lo Piccolo, capi egemoni di Cosa Nostra a Palermo. L’8 giugno 2007, intanto veniva crivellato di colpi nel rione di Nesima, Nuccio Aurora. Di quell’omicidio Angelo Santapaola riteneva responsabile, secondo La Causa, qualcuno all’interno della famiglia “Nonostante prendessi tempo - spiega La Causa –per uccidere Angelo poiché sapevo che presto sarebbero scattati nei suoi confronti dei provvedimenti giudiziari, i Lo Piccolo gli dissero di punire chi aveva commesso l’omicidio di Aurora, ed Enzo Santapaola mi avvertì dicendomi «o tu o lui»”. Gli attentati mancati: Successivamente Angelo Santapaola rimandò per delle pure casualità il suo appuntamento con la morte. Il gruppo di La Causa, avrebbe più volte organizzato l’attentato al cugino eccellente del boss Nitto “Venne fatto un appostamento a Librino, perché Angelo andava a firmare la sorveglianza speciale, ma gli altri non lo videro perché lo aspettavano in moto e lui venne con una panda, io feci finta di non averlo visto. Poi si pensò di ucciderlo in via Plebiscito, attraverso un ragazzo di Bronte fidato di Salvatore Catania ma non si fece nulla”. L’omicidio: L’ora x per i due uomini scattò dopo un mancato incontro a Catania con i Lo Piccolo per risolvere i rapporti, tesi, a causa della “troppa autonomia” di Angelo Santapaola, “In un primo incontro non si presentarono. Il secondo ebbe da tramite Antonio Bergamo che era il factotum di Aiello – spiega La Causa – organizzammo in un vecchio macello in disuso a Passo Martino”. Il racconto del collaboratore entra nei dettagli con i nomi dei presenti: “da Catania Carmelo Puglisi, Orazio Magrì, Daniele De Nizza, Antonio Bergamo, Natale Filoramo, Enzo Aiello ed Enzo Santapaola. Dal paese di Paternò gli Amantea e da Bronte poiché Salvatore Catania era impossibilitato venne suo cognato e un ragazzo, lo stesso che doveva fare l’attentato in via Plebiscito. Eravamo armati – continua La Causa – si scesero delle armi pure da Paternò e Bronte”. Anche nel secondo incontro però i Lo Piccolo non vennero. “Le persone dei paesi erano nascoste dietro altri capannoni, poi arrivò Antonio Bergamo e disse “non vengono”, Enzo Santapaola mi disse “sai quello che devi fare appena viene””. Dopo che il figlio di Nitto andò via arrivò il cugino Angelo insieme al guardia spalle Nicola Sedici “Qualche sera prima eravamo con Aiello, Puglisi e Magrì a quest’ultimo dissi appena ti faccio un cenno spari a Nicola io penso ad Angelo”. La Causa racconta come anche in quella occasione, essendo prevista la presenza dei Lo Piccolo, l’omicidio non sarebbe stato di semplice realizzazione, però qualcosa andò diversamente e qualcuno avrebbe interpretato male un suo cenno “Dentro il macello Orazio Magrì sparò nella nuca sinistra di Nicola Sedici, che non si accorse nemmeno di morire, perché lui (ndr. Magrì) era dietro”. Poi toccò ad Angelo Santapaola, dopo qualche secondo, “gli esplose un colpo al petto spingendolo per due metri e poi gli sparò un colpo in testa”. Successivamente iniziò l’organizzazione per l’occultamento dei cadaveri, secondo La Causa, fu Aiello ad andare a cercare il posto adatto. I cadaveri vennero messi in alcuni sacchi neri e caricati dentro una “station wagon grigia avuta in prestito da Orazio Magrì”. Il corteo funebre partì dopo diverse ore ma La Causa ha affermato di non aver mai raggiunto contrada Monaco a Ramacca (nella foto), dove i due corpi vennero trovati carbonizzati dai militari dell’Arma dei Carabinieri. Il controesame: Dopo il Pm Santonocito è toccato agli avvocati Salvatore Catania Milluzzo (difensore di Aiello) e Salvatore Vincenti (difensore di Di Bernardo) la conduzione del controesame del pentito. Le principali contestazioni alle dichiarazioni di La Causa sono state attribuite alla collocazione temporale degli eventi, al ruolo avuto da Enzo Aiello, il cui contributo in un primo momento è stato definito successivo alla pianificazione di Librino ed infine ad un verbale datato 8 maggio 2012 in cui La Causa affermava come l’omicidio del capannone non fosse programmato.
Lo sconvolgente racconto al processo “Iblis” del pentito. I particolari della morte del boss Angelo Santapaola, cugino di Nitto, e del suo guardia spalle Nicola Sedici Autore Dario De Luca & FF