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Meno lamentele e più export di qualità, l'agroalimentare siciliano al tavolo del mercato globale

25-08-2016 15:08

Ettore Ursino

Cronaca, sicilia catania, UE, catani, paolo farinella, lgtb, maresciallo salvo mirarchi, sushi-zen, ristorante sushi zen catania, frode commerciale, caso castro, lega pro, penalizzazione catania, lo monaco, sortino, ambulanza, khat, droga dei poveri,

Meno lamentele e più export di qualità, l'agroalimentare siciliano al tavolo del mercato globale

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Nonostante la tempesta finanziaria scoppiata nel 2007 e le scelte discutibili dell'Ue, l'agricoltura siciliana ha smesso di piangersi addosso e sembra aver imboccato la strada giusta. Fari puntati su quattro piccole-medie aziende con un unico comune denominatore:  puntano su programmazione e marketing ma soprattutto sulla qualità e stanno dimostrando di avere tutte le carte in regola per reggere le sfide della globalizzazione



Già con il fiato corto per la tempesta finanziaria scoppiata nel 2007, l’agricoltura siciliana ha dovuto subire le scelte discutibili adottate dall’Ue: gli accordi commerciali con il Marocco e l’ok all’importazione di 70 mila tonnellate di olio tunisino.



Accordi che hanno messo in ginocchio produzioni storiche, come il pomodorino ciliegino e le arance della Piana di Catania. Eppure, dopo anni di stagnazione e contrazione, si registrano segnali di ripresa, con il mercato sempre più attratto dall’altissima qualità del patrimonio enogastronomico, capace di offrire oltre 400 prodotti tradizionali.



Segnali di ripresa certificati dagli ultimi dati Svimez. Con un incremento dell’1,5 % di Pil, la Sicilia è la prima regione del Mezzogiorno per crescita, e prima in Italia per sviluppo nel settore agricolo, con il 7,7% di valore aggiunto in più rispetto allo scorso anno. Un altro dato significato: l’incremento dell’occupazione agricola nel 2015, stimato in 11.800 unità.



La “riscossa” della Sicilia agricola è legata principalmente all’evoluzione del tessuto connettivo del sistema produttivo. L’agricoltura tradizionale, in gran parte aziende individuali guidate da agricoltori in età avanzata, rappresenta ancora il segmento principale della produzione. Imprese presenti quasi esclusivamente sui mercati regionale e nazionale di massa che per sopravvivere hanno dovuto gioco forza basarsi sugli aiuti regionali e comunitari. Nonostante il sostegno ultradecennale delle politiche comunitarie strutturali, non sono state capaci di modificare la struttura fisica e giuridica, ma soprattutto l’organizzazione e l’assetto produttivo.  



Nell’ultimo decennio, però, cresce e si ramifica sempre più un’agricoltura moderna che punta sul marketing e organizza processi di filiera fino alla realizzazione del prodotto confezionato, spesso certificato, per il consumatore e per segmenti di mercato a reddito medio alto.



“I nostri imprenditori stanno capendo che devono aggiornarsi sulle strategie di marketing commerciale e costituirsi in rete” spiega Luciano Zuccarello, consulente aziendale che in collaborazione con un buyer italiano residente negli Stati Uniti sta svilupando un progetto per assistere le aziende siciliane nell’esportazione dei loro prodotti nel paese a stelle e strisce.



“Il mercato globale apprezza sempre più i prodotti siciliani”, aggiunge il consulente aziendale che a tal proposito racconta un aneddoto. “Nei giorni scorsi quasi per gioco, ho postato su Facebook 12 foto, che ritraggono altrettanti nostri prodotti ortofrutticoli, accompagnate da una semplice didascalia: ‘Sosteniamo i produttori siciliani comprando i loro fantastici prodotti’. In pochi giorni il post ha registrato quasi 1500 condivisioni, tantissime da utenti stranieri”. Marketing, ma non solo. Zuccarello sprona gli operatori del settore: “Bisogna puntare sulla qualità dei prodotti e non sul prezzo per fare concorrenza ad altri mercati. Inoltre occorre vendere non solo il prodotto ma il nostro territorio, ovvero il brand Sicilia”.



Tra i protagonisti del “new deal” imprenditoriale, c’è “Sicilian godness - Cose duci”, azienda specializzata nell’esportazione delle eccellenze della pasticceria siciliana. “Viaggiando ci siamo resi conto di quanto le nostre eccellenze siano poco valorizzate all’estero”, spiega Marco Granata, 35 anni, che poco meno di due anni fa insieme a due amici coetanei, Giuseppe Mannino e Giuseppe Favara, ha preso il coraggio a due mani e fondato l’azienda. Pianificando, senza lasciare spazio all’improvvisazione: “Ci siamo rivolti a un’agenzia di comunicazione per la creazione del logo e la realizzazione del portale web, fondamentale per vendita on line”.



E così, le prelibatezze (confetture, creme, croccanti, frutta martorana, olivette paste e scorzette) preparate e confezionati nel laboratorio di Mascalucia si possono gustare nel punto vendita aperto in Baviera e in diverse enoteche e negozi delicatessen di Parigi, del Regno Unito e degli Usa.



La chiave di tutto è l’impiego di materie prime locali pregiate e un’attenzione puntigliosa alla tradizione siciliana più antica. “Proprio per questo, abbiamo scelto di seguire un processo produttivo esclusivamente artigianale, che non solo è garanzia di qualità, ma permette con ancor maggiore incisività di attenersi alla nostra più genuina tradizione”. Tra i prossimi step di “Cose duci”, la creazione di una rete commerciale di venditori nel Nord Italia e la firma di un contratto di rete con 5 aziende catanesi agroalimentari.Tra le nuove generazioni c’è più cultura d’impresa e una maggiore volontà di fare squadra. In passato, era impensabile che ci si scambiasse informazioni o si condividesse il know how”, spiega Granata a conferma del nuovo corso imprenditoriale  siciliano.



Semplicità e genuinità sono le parole d’ordine di Giovanni Azzaro, imprenditore di seconda generazione (il padre Sebastiano dirige un’azienda nel settore dei fertilizzanti) titolare dal 2007 de "La Bontà". Sede operativa a Scordia, da poco meno di un anno l’azienda ha aperto un negozio nel centro storico di Catania. Che non è solo una vetrina, ma anche un angolo per gustare, sorseggiando un calice di vino made in Sicily, le eccellenze tipiche del distretto del Sud-Est: dai carciofi del calatino, alle melenzane sott’olio; dal capuliato di pomodori Pachino, al pesto di mandorle.



“Usiamo materie prime coltivate nei nostri campi. Prodotti naturali freschi ricchi di sapori senza conservanti, e confezionati a mano. Li utilizziamo nel ristorante aperto a Scordia e li vendiamo in Francia, Germania, e Slovenia. Ora stiamo lavorando all’apertura di due negozi a Venezia e a Roma. A breve, con il sostegno di una società di consulenza, sbarcheremo anche sul mercato americano”,  anticipa Azzaro.  



Più di 100 anni di attività all’insegna della valorizzazione delle eccellenze della nostra terra per la “A. Barbagallo Di Mauro”, storico pastificio di Fiumefreddo di Sicilia, il cui prodotto, quasi introvabile tra gli scaffali dei market catanesi, è presente in maniera significativa oltre i confini nazionali, principalmente nei mercati europei. La capacità di stare sul mercato è garantita dall’utilizzo di grano duro siciliano.  



“Nel mulino, adiacente ai silos, viene macinato soltanto la quantità giornaliera di grano biologico (certificato fin dal 1989 da un’azienda francese, quattro prima dall’entrata in vigore delle leggi nazionali in materia) che nell’arco di 24 ore sarà trasformata in pasta”, spiega Angelo Barbagallo. Imprenditore di quarta generazione, rivendica con orgoglio che “la nostra missione è quella di salvare le antiche qualità di grano, che sono patrimonio genetico appartenente alla biodiversità del Mediterraneo. Per questo motivo alcuni anni fa, la società ha iniziato un percorso interno che tende alla ricerca, salvataggio e recupero di vecchie varietà”. Fornitori selezionati, legati al pastificio da generazioni, che “condividono la nostra attenzione per la qualità e la passione per il biologico”. Ragion per cui , l'azienda ha stretto una partnership con il consorzio Crisma, il principale attore del Distretto cerealicolo siciliano che con le aziende associate rappresenta il maggior produttore di grano duro nell’Isola.



Tra i soci del Consorzio Crisma, un’altra azienda nata ai primi del ‘900: la Torretta dei Lombardi. Quaranta ettari, 34 di seminativo e i restanti destinati a uliveto, nel cuore della Sicilia, tra Assoro, Enna e Valguarnera Caropepe. 



Nel 2008, l’azienda in collaborazione con l’Università di Catania ha iniziato la coltivazione del Crocus sativus, meglio conosciuto col nome di zafferano. “Vendiamo a Malta, in Svizzera e in Gran Bretagna, anche se nell’ultimo anno di fronte a una concorrenza sempre più vasta e agguerrita abbiamo rallentato la produzione”, afferma il titolare Sebastiano Cosentino, che ha portato l’azienda nei canoni della gestione imprenditoriale, senza recidere però il cordone ombelicale con la tradizione. Così da un decennio è stata avviata la coltivazione di uno dei più pregiati prodotti cereamicoli siciliani: il “Mongibello”, un grano duro sottoposto al parere della Comunità Europea per l’ottenimento del marchio Dop, unico caso nel panorama cerealicolo siciliano. Il frumento raccolto, al pari delle altre due produzioni principali - olio d’oliva e aceto – sono destinati al Consorzio Prisma e a un noto pastificio etneo. “Privilegiamo la vendita a km 0”, spiega Cosentino con la mente rivolta ai progetti in cantiere a media scadenza per ampliare l'offerta: l’apertura di un agriturismo con tanto di fattoria didattica; l’ampliamento dell’uliveto con l’acquisizione di nuovi terreni; la realizzazione di un piccolo mulino per la produzione di semola biologica.  



Piccole e medie aziende, dunque, con un unico comune denominatore: fanno qualità e stanno dimostrando di avere tutte le carte in regola per reggere le sfide del mercato globale.  Tramontata la stagione del lamento, del piangersi addosso, c’è un agricoltura viva che si è rimboccata le maniche e può  fare da volano all’economia siciliana. Un’agricoltura che è anche fattore di attrattività del turismo nazionale e internazionale. Un binomio “sapori-bellezza “ che in tanti ci invidiano. Il futuro non appare più a tinte fosche. C’è ancora da lavorare. Ma gli esempi virtuosi ci sono. Vanno solo seguiti. 


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