Quello che, ormai da anni, sta accadendo alla partecipata catanese va oltre ogni immaginazione e probabilmente in questa calda estate pandemica ha raggiunto l'acme.
E lasciamo perdere persino gli sberleffi delle finestre finte disegnate sui muri dell'ufficio destinato al CdA: roba da ricovero immediato con TSO e rimozione per giusta causa di chi ha ordinato un simile atto ingiurioso, testimonianza inconfutabile di totale inadeguatezza di chi ricopre per mandato ministeriale un ruolo così delicato, oltre che prova certa della mancanza di rispetto dei più basilari elementi di quella leale collaborazione istituzionale che dovrebbe essere alla base di ogni rapporto: invece trionfa la cretineria più esagerata e pericolosa.
Quello che preoccupa è il tempo che si sta perdendo nel dare soluzione al problema principale: la presentazione al Tribunale fallimentare della proposta di concordato che dovrebbe scongiurare un devastante fallimento.
A leggere i verbali delle riunioni del Consiglio di Amministrazione e dell'Assemblea dei Soci (la Città Metropolitana con il sindaco Salvo Pogliese) almeno a partire dallo scorso febbraio, si capisce bene dove stiano le responsabilità di tutta questa perdita di tempo, con l'aggravante che pare ci siano stati dei colloqui informali con le autorità preposte a decidere il concordato che avrebbero ulteriormente aggravato la situazione.
La cosa certa è che ci si è avvitati sull'unica cosa che si poteve e doveva fare: scegliere consulenti di fiducia del Consiglio di Amministrazione che dovrà firmare la proposta di concordato assumendone la responsabilità.
Al momento di procedere alla scelta sono stati infatti imposti tanti di quei paletti che hanno reso la procedura come al solito bizantina: si è imposto l'avviso pubblico (strano per incarichi fiduciari per eccellenza) e persino un limite di budget del tutto scollegato alle tariffe previste dalle norma, circostanza che ha persino provocato la reazione negativa dell'ordine degli avvocati.
Alla fine si è arrivati ad una soluzione ai limiti dell'imbarazzo: il "consulente" che partecipando alla "gara" ha offerto il prezzo più basso è niente meno che l'avvocato Alfio D'Urso, che sino a pochi mesi prima era l'Amministratore Unico della stessa Pubbliservizi. Cose che solo a Catania...
Fatto sta che, a distanza di mesi, nessun atto relativo a questo benedetto concordato risulta trasmesso o sottoposto al Consiglio di Amministrazione, che è l'organo che, come detto, dovrebbe valutarlo, approvarlo e presentarlo al Tribunale fallimentare, assumendosi non poche responsabilità.
Nel frattempo, come abbiamo visto, il Commissario ministeriale Maria Virginia Perazzoli si produce in acrobazie gestionali di livello sopraffino.
Vediamo l'ultima: almeno a nostra conoscenza.
La Pubbliservizi è una società di proprietà pubblica della Città Metropolitana, che è anche il suo unico committente.
In quanto tale è sottoposta al così detto "Controllo Analogo".
L'Ufficio del Controllo Analogo ha più volte chiesto chiarimenti sulla gestione attuata dal commissario Perazzoli, richieste troppo spesso rimaste inevase.
Ad una delle ultime, la 41105 del 5 agosto, la commissaria Perazzoli risponde con inusitata immediatezza lo stesso giorno.
È una nota di 3 paginette che nel rispondere ad un quesito su una possibilità di finanziamento, inserisce una chiosa che non pare pertinente ma di grande "efficacia", soprattutto per le conseguenze devastanti che provoca.
A pagina 2 secondo capoverso la commissaria ministeriale Perazzoli scrive: "Sono in atto valutazioni, sulla base della consulenza tecnica redatta dalla prof.ssa Daniela saitta e dalla Dott.ssa Cecilia Egidi (chissà perché prof.ssa minuscolo e Dott.ssa maiuscolo), al fine di procedere con l'avvio delle azioni di responsabilità che certamente dovranno essere avviate contro gli organi societari che hanno approvato i bilanci passati, non veritieri, ed hanno operato senza capitale sociale, almeno dall'anno 2012 in poi."
Non si capisce cosa c'entra con la nota cui doveva rispondere, ma questo è.
Le azioni vengono ipotizzate anche nei confronti delle società di revisione che avrebbero omesso i controlli e contro i componenti l'organo di controllo che non avrebbero provveduto alle segnalazioni del caso.
Ora, ammesso che spetti al commissario ministeriale esprimere queste valutazioni e non si capisce perché ancora non abbia proceduto considerato che è in carica dal 2018 e si limiti a minacciarlo in una circostanza alquanto sospetta, è il prosieguo della lettera ad inquietare.
Al successivo capoverso Perazzoli scrive infatti al Sindaco della Città Metropolitana Salvo Pogliese che l'azione di responsabilità dovrà essere esperita anche:
"contro la stessa Città Metropolitana, nella qualità di socio che ha approvato il bilancio e, in particolare, contro il funzionario di città Metropolitana di Catania addetto all'attività di direzione e controllo (c.d. controllo analogo) esercitata sulla società dall'anno 2009." (Il neretto è nell'originale che riportiamo, tanto per essere chiara)
La chiusura della lettera è poi quanto più simile ad una pesante intimidazione si possa immaginare:
"Infine, nel restare a disposizione per ogni ulteriore chiarimento, si rileva che dovendo proporre l'azione di responsabilità nei confronti del responsabile del controllo analogo di Città Metropolitana di Catania, quest'ultimo non potrà più essere il conferitario di tale incarico." (anche in questo caso il neretto è nell'originale, scelta significativa del bersaglio che si vuole indicare.)
Chiaro che l'effetto di una simile "rilevazione" ha determinato il blocco totale dell'iniziativa da parte della dirigenza della Città Metropolitana nell'affrontare i problemi di Pubbliservizi, peraltro in una fase cruciale essendo imminente la scadenza dei termini fissati dal Tribunale Fallimentare.
E già solo per questo si dovrebbe ragionevolmente ipotizzare che si tratti di un maldestro tentativo di condizionare o impedire le pubbliche funzioni del responsabile di un incarico così delicato quale il controllo analogo su una partecipata così complessa come Pubbliservizi.
Dopo questa genialata del 5 agosto, la commissaria ministeriale Perazzoli ha poi inotrato, a distanza di quasi un mese, il 2 settembre, una nota di "chiarimenti", stavolta diretta al Dirigente del servizio di Città Metropolitana e non direttamente al sindaco metropolitano Pogliese.
Si legge: "Risulta opportuno chiarire che quanto indicato nella stessa, al paragrafo relativo alle azioni di responsabilità, corrisponde a quanto riportato nella relazione tecnica redatta dalla Pros.ssa Daniela Saitta e dalla Dott.ssa Cecilia Egidi, consegnata all'autorità giudiziaria penaledi Catania delegata alle indagini."
E infine il capolavoro:
"Pertanto, tale missiva non è da considerare come un atto vessatorio nei confronti del Socio, ma necessaria a seguito dell'espressa richiesta del Comitato di Sorveglianza della Pubbliservizi e del Ministero dello Sviluppo Economico."
Classica "excusatio non petita...", un chiaro rafforzamento della minaccia, che adesso è da capire in quale degli atti del Comitato di Sorveglianza e del Ministero possa essere contenuta ed in quali termini questa "espressa richiesta".
Ad ogni buon conto, pare sia già abbondantemente superato il livello di guardia e le responsabilità hanno superato il limite: sullo sfondo resta il futuro di 360 famiglie ed importanti servizi pubblici.
Tollerare che si continui a giocare tra grappe barricate, disegnini sui muri e letteracce sconclusionate di minacce, mentre si avvicina la data ultima per tentare di scongiurare un drammatico fallimento, È DAVVERO ESAGERATO