Quando nel 2017 furono istituite le ZES speciali con il decreto definito “Mezzogiorno” si alimentarono non poche aspettative, che, come al solito in Italia, diventarono presto illusioni.
Le Zes (Zone Economiche Speciali) erano aree geografiche delimitate create con l'obiettivo di favorire lo sviluppo economico attraverso incentivi fiscali e agevolazioni amministrative.
A differenza della Zes Unica, queste zone erano perimetrate specificamente, ciascuna con un proprio set di regole e benefici mirati a stimolare l'investimento e la crescita economica in particolari regioni del Mezzogiorno d'Italia.
Gli incentivi includevano agevolazioni fiscali, semplificazioni burocratiche e contributi a fondo perduto per le imprese che investono in queste aree, con l'intento di ridurre il divario economico tra il Nord sempre più avanzato ed un Sud sempre più svantaggiato, anche a causa di classi dirigenti, bisogna pur dirlo, del tutto inadeguate e capaci di sprecare ogni risorsa destinata alla regione.
Fatto sta che le Zes Speciali, tra commissariamenti e tentennamenti, vengono brutalmente cancellate dal governo Meloni proprio mentre stavano per cominciare a funzionare, decidendo di istituirne una unica.
La Zes Unica (Zona Economica Speciale) dovrebbe essere un'area geografica delimitata in cui vengono offerti incentivi fiscali e amministrativi per attrarre investimenti e favorire lo sviluppo economico.
Questi incentivi possono includere agevolazioni fiscali, semplificazioni burocratiche e altri benefici mirati a stimolare la crescita economica locale, favorendo principalmente le piccole e medie imprese. Almeno sulla carta.
In realtà, risultati zero.
E da qui la durissima denuncia della maggiore organizzazione di rappresentanza degli artigiani, CNA, la cui federazione catanese ci aveva visto lungo già in tempi non sospetti, dedicando all'importante tema la sua assemblea annuale lo scorso febbraio.
Oggi CNA lancia l'allarme denunciando che la disposizione del 22 luglio del direttore dell’Agenzia delle entrate ha reso noto l’ammontare delle richieste delle imprese per il contributo per gli investimenti nella Zona economica speciale per il Mezzogiorno : quasi 9 miliardi e 500 milioni, a fronte di un miliardo e 670 milioni di risorse disponibili.
Questo determina che la percentuale del credito d’imposta effettivamente fruibile sarà pari al 17,6%.
In Sicilia dunque il contributo a fondo perduto, invece che corrispondere al 60% dell'investimento per le piccole imprese, diverrà un risibile 10,6%, per le medie 8,8%.
"Tutto ciò non fa altro che confermare le nostre preoccupazioni lanciate in più occasioni, specie durante l’ultima assemblea territoriale dedicata proprio a questo tema. Il dato ufficiale fornito dall’Agenzia delle entrate unito alla totale assenza di autorizzazioni uniche ad oggi rilasciate, alla soglia minima di investimento di 200 mila euro e, soprattutto, al mancato rinnovo del credito d’imposta per il Mezzogiorno (sostituito appunto dal credito d’imposta Zes) sono l’ennesima riprova del progressivo svuotamento di significato di una idea forte che per anni ha di fatto soltanto illuso gli imprenditori siciliani.
A ben vedere, la precedente soluzione (con zone economiche speciali perimetrate e credito d’imposta del Mezzogiorno) appare oggi assai più utile dell’ultima formula rinvenuta.
Non solo per la dotazione incommensurabilmente più alta (complessivamente oltre 30 miliardi), ma anche per la odierna totale assenza di una coerente visione strategica sullo sviluppo dei vari territori".
Lo hanno dichiarato Floriana Franceschini e Andrea Milazzo, rispettivamente presidente e segretario di Cna Catania.
"Ma c’è di più: le pessime nuove indurranno non pochi piccoli imprenditori a rinunciare al proprio progetto di investimento. Il risultato finale sarà sì l’innalzamento dell’intensità dell’aiuto, ma - tagliati ulteriormente fuori i piccoli - a tutto vantaggio delle realtà più grandi.
Insomma, sempre più lo strumento Zes pare essere destinato a un depotenziamento totale della sua filosofia di partenza. Non si tratta di diverse visioni politiche, ma di credere o meno in qualcosa. Purtroppo, come facilmente prevedibile", -hanno concluso Franceschini e Milazzo, - “sembra si sia imboccata la strada dell’ennesima debacle. Per il Sud, per la Sicilia, per Catania. Si è davvero riusciti a fare la zona economica speciale più inutile del mondo”.
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