Arrestato nel luglio 2009 nell’ambito dell’operazione antimafia denominata “Cerberus”, Sandro Missuto (nella foto) entra in prima persona all’interno del processo Iblis. L’imprenditore originario di Gela (ndr. Attualmente sotto processo in altro procedimento), è ritenuto dalla squadra mobile nissena e dalla DDA la figura che faceva da collante tra il clan degli Emmanuello e le diverse imprese che lavoravano in Sicilia, su tutte la SAFAB. Nell’esofago di Daniele Emmanuello, leader dell’omonima famiglia di Cosa nostra a Gela, morto dopo essere stato sorpreso nel 2007 dagli investigatori in un casolare nell’ennese, vennero ritrovati sei pizzini, in uno di questi risultava chiaramente leggibile il nome “Sandro” identificabile secondo gli inquirenti proprio in Missuto. La Safab, con sede a Roma e attualmente in liquidazione in passato ha avuto una forte presenza imprenditoriale in Sicilia. Da Palermo, con i lavori al Tribunale e quelli della discarica di Bellolampo fino alla provincia di Catania con la rete irrigua di Cavazzini e, opera questa mai realizzata, l’alloggio per i militari americani a Belpasso. Proprio su questo lavoro si è concentrata la forte attenzione della DDA di Catania nell’ambito dell’inchiesta Iblis. A raccontare in udienza il ruolo di Missuto lo scorso 29 giugno fu proprio l’ex Direttore Tecnico della Safab, Paolo Ciarrocca « I primi contatti con Missuto ci furono quando si presentò insieme al padre per diventare subappaltatore in un lavoro nella piana di Gela, da lì iniziò ad avanzare numerose istanze di pagamento, in particolare per quel lavoro dovemmo accettare una percentuale del 1% sull’intero appalto». Missuto all’epoca dei fatti gestiva due aziende edili che operavano attraverso i subappalti: la “Icam srl” e la “Igm srl” poi poste sotto sequestro, secondo la DDA di Caltanissetta tramite queste due ditte vi era sia l’inserimento in via esclusiva nei lavori per le opere appaltate in Sicilia ma anche la gestione dei contatti con le famiglie dei vari mandamenti per le messe apposto. L’imprenditore gelese racconta al Pubblico Ministero Agata Santonocito quelli anni « Nel 2003 nell’ambito di un lavoro per la realizzazione di un impianto di irrigazione venne in cantiere Alfio Mirabile (ndr. Ritenuto all’epoca reggente della famiglia catanese) dicendo che voleva parlare con i responsabili dell’impresa, chiesi all’ingegnere Ciarrocca ma mi disse di non conoscerlo». Nei lavori doveva esserci secondo il racconto di Missutto anche l’ingresso di un altro imprenditore, Vincenzo Basilotta il re del movimento terra originario di Castel di Iudica « Mirabile mi disse che dovevamo pagare la messa apposto e che parte di lavoro andava a Basilotta, la Safab pagò l’1% sull’importo complessivo». Missuto ricorda in aula le dinamiche del pagamento « I soldi li consegnai ad Alfio (ndr. Mirabile) e poi ad Angelo Santapaola che mi disse che dovevo darli a lui, nel 2004 ci recammo in una stalla dietro il faro Biscari (ndr. Quartiere San Cristoforo di Catania) e diedi i soldi». Denaro che lo stesso imprenditore gelese avrebbe pagato per altri lavori « L’ingegnere (ndr. Ciarrocca) mi chiese per il lavoro di Bellolampo e del parcheggio per sapere con chi parlare per la messa apposto. In quel caso ho pagato io il 2% ed in quel caso subimmo un intimidazione con delle bottiglie piene di benzina». Infine l’incontro con Enzo Aiello in un’officina di Via Plebiscito a Catania in un periodo in cui la spaccatura dentro la famiglia catanese emergeva in maniera sempre più chiara « Era per il problema di Bellolampo, c’era anche Nicola Sedici e Angelo Santapaola».
La SAFAB e i suoi lavori in Sicilia nel racconto dell'imprenditore di Gela Autore Dario De Luca e Fabiola Foti