Il Sostituto Procuratore in una lunga intervista analizza la mafia, il voto di scambio, il sistema penale, il ruolo delle donne e gli accordi tra la mafia catanese, Casalesi e‘ndrangheta
CATANIA - Il suo nome è comparso in un pizzino di morte di cui era destinatario. A scoprirlo, la sorte ha voluto, è stato proprio lui. Pasquale Pacifico, originario della Campania ma trapiantato in Sicilia nel delicato ruolo di Sostituto Procuratore della Direzione Distrettuale Antimafia di Catania. Una vita, la sua, vissuta combattendo quotidianamente la mafia senza riflettori mediatici ma immerso tra migliaia di faldoni ricolmi di documenti. Nel marzo 2012 un’inchiesta della Procura di Messina porta alla luce il disegno di morte architettato dal boss mafioso Orazio Finocchiaro, deciso per la scalata delle gerarchie del clan, nella volontà di far uccidere il magistrato “Come già dissi allora, bisogna vivere questa situazione nella maniera più serena possibile e continuare a fare il proprio lavoro”. Lo stesso che nel 2009 portò all’operazione “Revenge” e ai suoi 49 arresti nell’ambito del clan Cappello-Bonaccorsi. I “giovani leoni” li definirono, pronti senza nessuno scrupolo a scalare i vertici di Cosa Nostra catanese. “Con quella operazione – ci spiega Pacifico – si evitò una guerra di mafia dalle proporzioni davvero paurose”. L’impegno del magistrato si è recentemente arricchito con l’elezione a Presidente dell’Associazione Nazionale Magistrati della sezione di Catania “L’obiettivo è quello di dare credibilità alla magistratura sia dentro il distretto che nell’ambito nazionale”. Nella lunga intervista che il Sostituto Procuratore ha concesso a SUD, sono state affrontate le tematiche principali del sistema giustizia, dalla lentezza dei processi alle possibili soluzioni come il blocco della prescrizione quando viene avviata l'azione penale. L'evoluzione del fenomeno mafioso passa anche per l'organizzazione delle famiglie catanesi e la rete creata con Casalesi e 'ndrangheta calabrese. "La mafia catanese non intrattiene rapporti con i narcotrafficanti internazionali. Il tramite per far arrivare la droga in Sicilia sono i clan della Camorra campana che operano nella zona di Secondigliano, i clan di Scampia e Giuliano o tramite la ‘ndrangheta". Di fondamtentale importanza anche la tematica del giornalismo, quello "serio": "E’ difficile ma è un dovere irrinunciabile. Abbiamo avuto a Catania giornalisti che sono morti per raccontare liberamente. L’informazione fatta in un certo modo e il giornalismo d’inchiesta credo siano fondamentali nella lotta alla mafia. Mi piace ricordare una frase di Paolo Borsellino che diceva “la mafia teme l’istruzione più della giustizia”, questo credo sia il senso di fare correttamente informazione e istruzione". L’INTERVISTA COMPLETA
Attenzione anche al difficile connubio tra mafia e politica, "Mentre una volta era il mafioso che cercava di accattivarsi il politico - spiega Pacifico - oggi credo sia il politico che per essere eletto cerca il consenso del mafioso e questo è molto grave". Pacifico racconta anche le difficoltà operative della magistratura nel contrastare "la zona grigia", come lui la definisce, la stessa che racchiude mondo dell'imprenditoria, professioni e criminalità organizzata.
Il Presidente dell'ANM di Catania analizza la mafia, il voto di scambio, il sistema penale, il ruolo delle donne e gli accordi tra la mafia catanese, i Casalesi e la ‘ndrangheta Autore Dario De Luca & FF Titolo Video Intervista al Sostituto Procuratore della Dda di Catania Pasquale Pacifico