Il nuovo collaboratore di giustizia Santo La Causa svela l’organizzazione della famiglia Santapaola, i contrasti con gli altri clan, la preparazione degli omicidi e i dissidi interni per il controllo del territorio. Può anche farsi riprendere in faccia Santo La Causa, per lui non ci sono problemi, da raccontare ci sono decenni di vita vissuti dentro Cosa Nostra catanese. Nel processo "Iblis" a mafia, politica e imprenditoria fa il suo ingresso il nuovo pentito con quasi cinque ore di udienza, condotta dal Pubblico Ministero Agata Santonocito che insieme ad Antonino Fanara guida la pubblica accusa nel rito ordinario del procedimento. Pentitosi il 28 aprile 2012, La Causa, venne arrestato nell’ottobre 2009 durante un summit di mafia che riuniva tutti i vertici delle famiglie ai piedi dell’Etna quando da concordare c’erano le contromosse alla dichiarazione di guerra di Sebastiano Lo Giudice vertice del sanguinario clan Cappello. L’ex reggente dei Santapaola si avvicinò a Cosa Nostra come soldato semplice negli anni 80 tramite il gruppo dei Ferrera-Santapaola. Nel 1989 arrivò il primo arresto. Scarcerato nel 1995 quando le dinamiche della mafia catanese erano ampiamente mutate e il gruppo dei Ferrera era praticamente scomparso a causa della guerra interna con la famiglia Santapaola si avvicinò ad Aldo Ercolano figlio del boss Pippo e ad altri componenti della famiglia. “Vito Licciardello, Pippo Maggio e Maurizio Zuccaro”. Rimasto libero per appena dieci mesi, La Causa tornò detenuto fino al 1998 per poi riprendere i contatti con Salvatore Santapaola fratello di Nitto e con il figlio del boss ergastolano Vincenzo e con loro “Antonio Motta e Maurizio Zuccaro”. Nel racconto del collaboratore, che si è autoaccusato anche di alcuni omicidi, c’è tutto compreso il rito d’affiliazione: « Il mio padrino fu Nino Santapaola. Inizialmente si informava
la persona con un discorso di preparazione, dove si annunciava la volontà di fargli “un regalo” , poi si convocava la persona alla presenza di alcuni uomini d’onore, ne bastavano tre. Si faceva un nuovo discorso e si chiedeva al nuovo affiliato di indicare il proprio padrino. Si passava quindi al rituale della santina che veniva bruciata tra le mani dopo essere stati “pungiuti” nel dito indice, quello che si usa per sparare». Il mondo di La Causa dentro Cosa Nostra passava anche per le regole, « Quella principale era di non tradire l’organizzazione. Si poteva uscire solo da morti. La presentazione con gli altri uomini d’onore poteva avvenire solo attraverso un altro affiliato, nel momento in cui si veniva presentati, l’uomo d’onore diceva “è la stessa cosa”». La volontà di uscire dalla famiglia, cresce in Santo La Causa già nel 2006, poco prima di essere scarcerato dopo l’ennesimo arresto. La richiesta venne fatta direttamente al figlio di Nitto Santapaola, Vincenzo. L’ex boss racconta addirittura della sua volontà di pentirsi attraverso una lettera scritta al magistrato di sorveglianza a Parma, dov’era detenuto. La Causa dopo non trovò però il coraggio e la sua remissione fu rimandata. Uscito dal carcere la sorveglianza speciale lo portò a Tremestieri Etneo, la voglia era quella di stare comunque lontano dalla città di Catania, presto però tutto cambia. Stando al racconto del collaboratore fu proprio Vincenzo Santapaola ad imporgli un ritorno in campo con un ruolo apicale. L’obiettivo era quello di riorganizzare le fila del clan con un metodo chiaro: « Vincenzo (ndr. Santapaola figlio di Nitto) mi disse “voglio persone nuove con principi vecchi”».
La famiglia Santapaola doveva riorganizzare le fila e nello stesso tempo stoppare Angelo Santapaola, cugino di Vincenzo, allora reggente della famiglia e successivamente assassinato nelle campagne di Ramacca il 26 settembre 2007 insieme a Nicola Sedici altro uomo d’onore e sua fidata spalla. «Faceva di testa sua – racconta La Causa – non portava niente nella bacinella (ndr. il fondo cassa della famiglia) perché metteva tutto in tasca». Per l’omicidio dei due uomini è in corso un processo, Santo La Causa ha però le idee chiare e racconta la sua versione « Enzo (ndr. Vincenzo figlio di Nitto Santapaola) decise che suo cugino andava eliminato e con lui Nicola Sedici – La Causa poi rivela un particolare inedito – successivamente a morire doveva essere pure Enzo Aiello e il fratello Alfio. A volerlo oltre a Enzo Santapaola, Pippo Ercolano c’era una terza persona – La Causa evita di fare il nome - lo volevano perché Aiello si era appropriato dei soldi dell’organizzazione». Un altro duplice omicidio eccellente era quindi pronto ad essere consumato alle falde dell’Etna ma non si fece nulla e La Causa spiega perché « Enzo Aiello se oggi vede la sua famiglia deve dire grazie a me che nonostante le pressioni che ricevevo non ho portato avanti la cosa». La riorganizzazione: Santo La Causa racconta nei dettagli il nuovo assetto di Cosa Nostra voluto da Vincenzo Santapaola. Una nuova ramificazione che passava dall’inserimento dei propri uomini nei quartieri di Catania e nei principali paesi della Provincia. Ad essere svelata è una sorta di mappa della mafia nel periodo compreso tra il 2005 e il 2009. Nel rione di Picanello stando al suo racconto a comandare era Venerando Cristaldi insieme a Saro Tripodi, al Villaggio Sant’Agata Salvatore Battaglia prima e Carmelo Puglisi dopo come reggente. A Librino i capi “erano Fabrizio e Daniele Nizza”. Ma la vera roccaforte della famiglia in quel periodo era il quartiere di Picanello, « Avevamo un numero di affiliati spropositato». «Nella provincia – prosegue La Causa -ad Adrano c’era Alfio Santangelo, a Paternò Santo Mazzeo di cui sono stato padrino, così come di Salvatore Catania a Bronte». Il procedimento Iblis pone però la sua attenzione principalmente sull’area di Ramacca e Palagonia. Numerosi sono infatti gli imputati di quella zona. Santo La Causa ricorda nel suo racconto nomi e cognomi e diversi dettagli: «Enzo Aiello aveva un gruppo personale a Ramacca e Palagonia, c’era Franco Costanzo “pagnotta”, Alfonso (ndr. Fiammetta) di Palagonia, Nino Cammarata, Antonio Bergamo dello “Sferro”, Somma di Castel di Iudica e Pasquale Oliva che era affiliato ed il padrino fu Enzo Aiello ed incaricato di gestire pure Palagonia». La Causa si sofferma in maniera particolare su Ramacca, Comune calatino nella Provincia di Catania « Mi disse Aiello che lì c’era una famiglia a se, che non doveva dare conto a Catania, era di Liddu Conti, ma essendo anziano non voleva più saperne, fu quest’ultimo a presentare Pasquale Oliva a Enzo Aiello». Il nuovo collaboratore di giustizia Santo La Causa svela l’organizzazione della famiglia Santapaola, i contrasti con gli altri clan, la preparazione degli omicidi e i dissidi interni per il controllo del territorio. Autore Dario De Luca & FF