Dagli indignati del web alle più alte cariche della giustizia nazionale, il caso di Scoglitti continua a scatenare reazioni. E' diventata una questione ideologica in cui, da un lato, si critica la scelta del pm di rimettere in libertà l'indiano accusato del tentato rapimento di una bimba di 5 anni e, dall'altro, non si giustificano gli attacchi mediatici violenti e faciloni a chi "ha solo applicato la legge" Si è sempre detto innocente Ram Lubhay, il 43enne indiano che martedì scorso ha preso in braccio una bambina di 5 anni sul lungomare di Scoglitti e ha cominciato ad allontanarsi tra la folla. Eppure, non ha saputo spiegare agli inquirenti le motivazioni del suo gesto. Un gesto che ha spaccato l'opinione pubblica italiana in due fronti ugualmente indignati: c'è chi lamenta una giustizia incapace di tutelare il cittadino e, dall'altro, la voce autorevole di chi quella tutela cerca di metterla in atto quotidianamente. E infatti la cordata di magistrati, dall'ANM alla Magistratura Indipendente, si è schierata compatta al fianco del pm 34enne di Ragusa Giulia Bisello, "rea" di aver applicato la legge. Cioè, di aver rimesso a piede libero l'indagato dato che per questa ipotesi di reato non è previsto né il fermo né il carcere. Il primo a esprimersi in difesa del magistrato è stato il procuratore di Ragusa Carmelo Petralia che non ha affatto gradito la richiesta "di accertamenti preliminari sul caso" inoltrata all’ispettorato del ministero della Giustizia da parte di Andrea Orlando. "Avrei gradito una dichiarazione di solidarietà da parte del ministro nei confronti di un magistrato che applica la legge e fatta segno di pesanti e volgari offese”, ha detto Petralia a cui hanno fatto eco le due associazioni di magistrati. "Si tratta di attacchi inaccettabili - ha risposto duramente l'Anm - che sono frutto di un approccio superficiale agli accadimenti, determinato dalla non conoscenza degli atti e dei presupposti di legge che hanno portato alle scelte della collega, e che hanno come unica conseguenza quella di non consentire ai magistrati della Procura di Ragusa di svolgere il proprio compito nel giusto clima di serenità". "Strumentali, volgari e ingiustificati attacchi. I magistrati applicano le leggi vigenti: nel caso di specie non è stata richiesta la convalida del fermo per mancanza dei presupposti di legge - ha concordato in una nota la Magistratura Indipendente che ha rimandato la patata bollente a chi stila quelle normative - Le giuste richieste e le legittime aspettative di sicurezza dell'opinione pubblica devono essere rivolte a chi ha il compito di redigere le leggi. Aspettiamo fiduciosi l'esito dei legittimi accertamenti disposti dal ministro, pur rilevando la mancanza di un intervento diretto a condannare il discredito e la delegittimazione derivanti dalle espressioni pronunciate anche da soggetti che ricoprono ruoli di responsabilità". Proprio contro quella normativa - che il pm avrebbe doverosamente applicato - si è scagliata senza mezzi termini la madre della bambina di 5 anni che martedì scorso ha visto trasformarsi un sereno pomeriggio di vacanza in un incubo. "Questa legge mi fa vomitare". Alla donna è stato spiegato che il reato non è stato effettivamente concluso perché l'indiano ha tenuto tra le braccia la bimba per soli 45 secondi senza mai sparire dalla vista dei genitori e senza opporre resistenza. Un "ridimensionamento" inaccettabile per la famiglia. "Si è fermato solo perché noi l'abbiamo fermato. Dovevamo perderlo di vista per poter dire che stava portando via la nostra bambina". Intanto, ieri il vicequestore vicario di Ragusa Nicola Spampinato ha firmato la richiesta di trasferimento in un Cie, ossia un Centro di Identificazione ed Espulsione, di Ram Lubhaya. L'uomo, già irregolare e con precedenti per droga e furto di rame, era destinatario di un decreto di espulsione che sarebbe scaduto proprio ieri. Lubhaya ha trascorso la notte in una casa di accoglienza, dove è stato accompagnato dalla polizia a causa delle minacce ricevute. Ora toccherà al ministero dell’Interno indicare in quale struttura trasferire l’uomo. E alla giustizia fare il suo corso.