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Gino, il padre di Giulia. Un gigante che nel dolore più immenso chiede: "Cosa possiamo fare affinché non acc

08-12-2023 05:30

Pierluigi Di Rosa

Cronaca, Focus,

Gino, il padre di Giulia. Un gigante che nel dolore più immenso chiede: "Cosa possiamo fare affinché non accada più?"

E che devi aggiungere ad una simile potenza?

Ci sono momenti in cui la tentazione è di tacere, tanto enormi sono gli accadimenti che ci sommergono.

È invece sono proprio quelli i momenti in cui si deve parlare, a volte urlare.

E ancor di più ascoltare, mettersi alla ricerca di chi abbia qualcosa da dire e ne abbia titolo perché portatore di un sentimento insindacabile, persino incomprensibile: il dolore.

 

La vicenda della giovane Giulia Cecchetti, 22 anni, uccisa dall'ex fidanzato FilippoTuretta suo coetaneo, ha scosso tutto il paese, probabilmente ha segnato uno spartiacque nella narrazione di un fenomeno che ormai è più che sociale, persino antropologico.

 

Si aprono nuovi confini nell'analisi e nella ricerca di soluzioni ad un modo drammatico per troppi uomini di stare al mondo: insoddisfatti, frustrati, confusi.

 

E si può, almeno si dovrebbe, partire dalle domande, potenti. che pone il padre annichilito ma fermo della povera Giulia: “Com'è potuto accadere tutto questo?”

 

E poi una implicita: “Cosa possiamo fare perché non accada più?”

 

Le parole di papà Gino, come anche la ferma lucidità della sorella Elena, la riproposizione del tema del “patriarcato" che tante polemiche ha provocato, sono stati occasione di riflessione, di discussione, momenti di attenzione su un modo di stare al mondo in una delle fasi più complicate dell'epoca moderna, tra guerre e pandemie che fanno smarrire prospettive positive.

 

Questa famiglia è riuscita a trasformare il dolore più insanabile in un manifesto politico e cultura, in un messaggio straordinario non di resilienza ma di reazione e lotta contro una disumanità che sta pervadendo strati sempre più ampi di popolazione, di ogni classe e condizione sociale.

 

Nei giorni successivi, questo gigante civile che è il papà di Giulia, ha mandato un abbraccio ai genitori del carnefice di sua figlia, dichiarando di comprenderne il dolore: e che devi aggiungere ad una simile potenza?

 

Ascoltiamolo e poi, possibilmente, leggiamolo per riflettere meglio su queste parole. E poi magari leggiamole insieme ai nostri figli.

Senza dimenticare, senza distrarsi neanche un secondo rispetto al fatto che queste parole, quei concetti, sono pronunciati ed espressi da un papà al quale è stata strappata alla vita la sua bambina, da un altro uomo, da un maschio che non sapeva vivere.

 

Parole e concetti pronunciati al funerale, davanti alla bara bara bianca di una figlia, di sua figlia, che poteva essere nostra figlia e da oggi lo è anche un pò.

 

E che devi aggiungere ad una simile potenza?

 

Carissimi tutti,
abbiamo vissuto un tempo di profonda angoscia:
ci ha travolto una tempesta terribile
e anche adesso questa pioggia di dolore sembra non finire mai.
Ci siamo bagnati, infreddoliti, ma ringrazio le tante persone
che si sono strette attorno a noi per portarci il calore del loro abbraccio.


Mi scuso per l'impossibilità di dare riscontro personalmente,
ma ancora grazie per il vostro sostegno
di cui avevamo bisogno in queste settimane terribili.


La mia riconoscenza giunga anche a tutte le forze dell’ordine,
al vescovo e ai monaci che ci ospitano al presidente della Regione Zaia e al ministro Nordio
e alle istituzioni che congiuntamente hanno aiutato la mia famiglia.

 

Mia figlia Giulia, era proprio come l’avete conosciuta, una giovane donna straordinaria. Allegra, vivace, mai sazia di imparare.
Ha abbracciato la responsabilità della gestione familiare dopo la prematura perdita della sua amata mamma.


Oltre alla laurea che si è meritata e che ci sarà consegnata tra pochi giorni, Giulia si è guadagnata ad honorem anche il titolo di mamma.
Nonostante la sua giovane età era già diventata una combattente, un’oplita, come gli antichi soldati greci, tenace nei momenti di difficoltà: il suo spirito indomito ci ha ispirato tutti.

 

Il femminicidio è spesso il risultato di una cultura che svaluta la vita delle donne, vittime proprio di coloro avrebbero dovuto amarle e invece sono state vessate, costrette a lunghi periodi di abusi fino a perdere completamente la loro libertà prima di perdere anche la vita.


Come può accadere tutto questo? Come è potuto accadere a Giulia?


Ci sono tante responsabilità, ma quella educativa ci coinvolge tutti:
famiglie, scuola, società civile, mondo dell’informazione…


Mi rivolgo per primo agli uomini, perché noi per primi dovremmo dimostrare di essere agenti di cambiamento contro la violenza di genere. 

Parliamo agli altri maschi che conosciamo, sfidando la cultura che tende a minimizzare la violenza da parte di uomini apparentemente normali.
Dovremmo essere attivamente coinvolti, sfidando la diffusione di responsabilità, ascoltando le donne, e non girando la testa di fronte ai segnali di violenza anche i più lievi. 

La nostra azione personale è cruciale per rompere il ciclo e creare una cultura di responsabilità e supporto.
 

A chi è genitore come me, parlo con il cuore:
insegniamo ai nostri figli il valore del sacrificio e dell’impegno
e aiutiamoli anche ad accettare le sconfitte.


Creiamo nelle nostre famiglie quel clima che favorisce un dialogo sereno perché diventi possibile educare i nostri figli al rispetto della sacralità di ogni persona, ad una sessualità libera da ogni possesso e all’amore vero che cerca solo il bene dell’altro.


Viviamo in un'epoca in cui la tecnologia ci connette in modi straordinari, ma spesso, purtroppo, ci isola e ci priva del contatto umano reale.
È essenziale che i giovani imparino a comunicare autenticamente,
a guardare negli occhi degli altri, ad aprirsi all'esperienza di chi è più anziano di loro.


La mancanza di connessione umana autentica può portare a incomprensioni e a decisioni tragiche.
Abbiamo bisogno di ritrovare la capacità di ascoltare e di essere ascoltati, di comunicare realmente con empatia e rispetto.

 

La scuola ha un ruolo fondamentale nella formazione dei nostri figli.
Dobbiamo investire in programmi educativi che insegnino il rispetto reciproco, l'importanza delle relazioni sane e la capacità di gestire i conflitti in modo costruttivo per imparare ad affrontare le difficoltà senza ricorrere alla violenza.
La prevenzione della violenza di genere inizia nelle famiglie, ma continua nelle aule scolastiche, e dobbiamo assicurarci che le scuole siano luoghi sicuri e inclusivi per tutti.

 

Anche i media giocano un ruolo cruciale da svolgere in modo responsabile. 

La diffusione di notizie distorte e sensazionalistiche non solo alimenta un’atmosfera morbosa, dando spazio a sciacalli e complottisti, ma può anche contribuire a perpetuare comportamenti violenti.


Chiamarsi fuori, cercare giustificazioni, difendere il patriarcato quando qualcuno ha la forza e la disperazione per chiamarlo col suo nome, trasformare le vittime in bersagli solo perché dicono qualcosa con cui magari non siamo d’accordo, non aiuta ad abbattere le barriere. 

 

Perché da questo tipo di violenza che è solo apparentemente personale e insensata si esce soltanto sentendoci tutti coinvolti. Anche quando sarebbe facile sentirsi assolti.

 

Alle istituzioni politiche chiedo di mettere da parte le differenze ideologiche per affrontare unitariamente il flagello della violenza di genere. 

Abbiamo bisogno di leggi e programmi educativi mirati a prevenire la violenza, a proteggere le vittime e a garantire che i colpevoli siano chiamati a rispondere delle loro azioni. 

Le forze dell’ordine devono essere dotate delle risorse necessarie per combattere attivamente questa piaga e degli strumenti per riconoscere il pericolo.


Ma in questo momento di dolore e tristezza, dobbiamo trovare la forza di reagire, di trasformare questa tragedia in una spinta per il cambiamento.


La vita di Giulia, la mia Giulia, ci è stata sottratta in modo crudele, ma la sua morte, può anzi DEVE essere il punto di svolta per porre fine alla terribile piaga della violenza sulle donne. 

 

Grazie a tutti per essere qui oggi: che la memoria di Giulia ci ispiri a lavorare insieme per creare un mondo in cui nessuno debba mai temere per la propria vita.


Vi voglio leggere una poesia di Gibran che credo possa dare una reale rappresentazione di come bisognerebbe imparare a vivere:

"Il vero amore non è ne fisico ne romantico.
Il vero amore è l'accettazione di tutto ciò che è, è stato, sarà e non sarà.
Le persone più felici non sono necessariamente
coloro che hanno il meglio di tutto,
ma coloro che traggono il meglio da ciò che hanno.
La vita non è una questione di come sopravvivere alla tempesta,
ma di come danzare nella pioggia…"


Cara Giulia,
è giunto il momento di lasciarti andare. Salutaci la mamma.


Ti penso abbracciata a lei e ho la speranza che, strette insieme, il vostro amore sia così forte da aiutare Elena, Davide e anche me non solo a sopravvivere a questa tempesta di dolore che ci ha travolto, ma anche ad imparare a danzare sotto la pioggia.


Sì, noi tre che siamo rimasti vi promettiamo che, un po’ alla volta, impareremo a muovere passi di danza sotto questa pioggia.


Cara Giulia, grazie, per questi 22 anni che abbiamo vissuto insieme e per l’immensa tenerezza che ci hai donato.
 

Anch’io ti amo tanto e anche Elena e Davide ti adorano.


Io non so pregare, ma so sperare:
ecco voglio sperare insieme a te e alla mamma,
voglio sperare insieme a Elena e Davide
e voglio sperare insieme a tutti voi qui presenti:
voglio sperare che tutta questa pioggia di dolore
fecondi il terreno delle nostre vite
e voglio sperare che un giorno possa germogliare.
E voglio sperare che produca il suo frutto d’amore, di perdono e di pace.

 

Addio Giulia, amore mio.

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