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San Cristoforo, il modello Caivano e i 25 milioni: occasione per chi ?

25-01-2025 06:00

Giuseppe Ferrara

Cronaca, Secondo speciale, San Cristoforo, modello Caivano,

San Cristoforo, il modello Caivano e i 25 milioni: occasione per chi ?

L’illusione delle leggi emergenziali

Di fronte all’annuncio dell’imminente applicazione del “modello Caivano” anche nel quartiere di San Cristoforo, sorge spontanea una domanda: quanto ancora possiamo permetterci di ignorare le lezioni del passato? 

 

La storia recente ci offre un quadro desolante e una lezione che pare non vogliamo apprendere: l’investimento in cemento e infrastrutture, senza un parallelo impegno sul fronte sociale e culturale, non fa che aggiungere un’altra croce al cimitero delle promesse non mantenute.


Le radici del “modello Caivano”


L’idea di intervenire con operazioni cosmetiche in quartieri segnati da degrado e povertà non è nuova. Nasce da una filosofia di governance che punta su simboli e annunci, piuttosto che su strategie di lungo periodo.


Caivano, tristemente famoso per lo stupro delle due minorenni e una disoccupazione endemica, è stato il laboratorio di questa visione miope.


Campetti di calcio, altalene e pavimentazioni luccicanti sono stati inaugurati con fanfare, come se bastasse una mano di vernice per cancellare decenni di emarginazione.


Le attività sportive: un lusso per pochi


Una delle proposte più frequenti nel “modello Caivano” è la creazione di spazi sportivi, spesso presentati come il cuore pulsante del recupero sociale. Ma la realtà è ben diversa. La maggior parte delle attività sportive è a pagamento

 

Questo dettaglio, che sembra marginale, rivela in realtà l’inefficacia di queste misure: famiglie già schiacciate dalla povertà, costrette a scegliere tra mettere un pasto a tavola o iscrivere un figlio a un
corso sportivo, finiscono per snobbare queste strutture, che sopravvivono unicamente grazie alle iscrizioni di utenti provenienti da zone limitrofe, spesso più benestanti.


La conseguenza è che queste infrastrutture, anziché rappresentare un punto di riferimento per i residenti, sembrano fatte per attirare un altro tipo di utenza. Più che un piano di recupero sociale, sembra un progetto per la gentrificazione. Quasi con la volontà creare un quartiere a misura di chi
può permettersi di pagare, spostando sempre più ai margini chi già fatica a sopravvivere.


San Cristoforo e i 25 milioni: occasione per chi ?


Per San Cristoforo sono stati annunciati ben 25 milioni di euro, stanziati per progetti che dovrebbero riqualificare il quartiere e offrire nuove opportunità ai suoi abitanti. Una cifra importante, che però fa sorgere più di una perplessità. 

 

La paura, legittima e purtroppo giustificata da precedenti esperienze, è che gran parte di questi fondi possa finire non in opere realmente utili alla comunità, ma nelle tasche dei soliti noti.


Le strutture sportive, le nuove piazze e gli edifici ristrutturati rischiano di servire più a chi le progetta o le gestisce, che ai cittadini che vivono quotidianamente il quartiere. Si poteva agire in modo diverso? La risposta è, ovviamente si.

 

La soluzione passa attraverso la creazione di benessere reale, offrendo posti di lavoro che permettano ai residenti di essere gli artefici della propria crescita economica e sociale. 

È questo il vero compito di uno Stato che ambisce a comportarsi come un buon padre di famiglia: non limitarsi a fornire assistenza, ma emancipare i suoi “figli”.


La solidarietà deve tradursi in strumenti per l’indipendenza, non in una rete assistenziale che passa per intermediari come associazioni o enti locali che spesso diventano protagonisti di un sistema malato. 

 

Questo approccio assistenziale rischia di trasformarsi in un “postificio”, dove le risorse destinate al recupero servono più a mantenere in vita strutture e personale che a generare un cambiamento effettivo.


In questo contesto, il degrado diventa quasi necessario per giustificare la sopravvivenza del sistema stesso, creando un circolo vizioso che non affronta mai le vere radici del problema.


Un lavoro stabile e dignitoso, al contrario, restituisce dignità e autonomia, rompendo il legame di dipendenza da uno Stato che non deve agire come un benefattore, ma come un facilitatore di crescita. Solo così si potrà parlare di un vero riscatto sociale, anziché di interventi cosmetici che si limitano a mettere una toppa su un tessuto ormai logoro.


L’illusione delle leggi emergenziali


C’è un’abitudine, tutta italiana, di rispondere a ogni caso di cronaca con una nuova legge, spesso emergenziale, pensata più per placare l’opinione pubblica che per risolvere i problemi strutturali. 

 

Questo approccio reattivo contribuisce a mettere nel caos il nostro sistema giudiziario, rendendolo
iniquo e pericoloso. 

 

Ogni nuova norma, spesso sovrapposta alle precedenti senza una visione d’insieme, crea un labirinto legislativo in cui è facile perdersi, aumentando l’inefficienza e l’ingiustizia.


È tempo di abbandonare le soluzioni di facciata e di impegnarsi in riforme profonde e coerenti, che affrontino le cause reali dei problemi, anziché limitarsi a tamponarne gli effetti. 

 

I 25 milioni per San Cristoforo non devono diventare l’ennesima illusione, ma il punto di partenza per una rigenerazione vera e duratura. 

Registrazione Tribunale di Catania n. 18/2010 – PIVA 05704050870 - ROC 180/2021
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